“Chino gli occhi sul mio libro
Leggo e penso, leggo e vedo
Leggo e sogno, leggo e viaggio
Alzo gli occhi sul paesaggio
Leggo il cielo, leggo il mondo
Faccio un bel respiro fondo
Chino gli occhi, leggo ancora
Sto leggendo già da un’ora
Leggo su, leggo giù
Chiudo il libro e non leggo più
Vado giù nel cortiletto
Per giocare a ciò che ho letto…”
(Bruno Tognolini, “Filastrocca del Buon Leggere”,
da “Filastrocche della Melevisione” - Amazon/laFeltrinelli/IBS/inMondadori)
Dedichiamo questa pagina alla figura di Roberto Denti, fondatore della prima libreria italiana per ragazzi, scomparso un anno fa (21 maggio 2013), che amava ricordare: «La lettura è come l’albero, non fiorisce a comando…» e a Tutti coloro che si dedicano con grande passione alla letteratura per ragazzi, fondamentale, per il futuro di tutti noi!
L’Italia in “lettura”… il “bollettino” degli eventi letterari
Estate in “lettura”… il “bollettino” degli eventi letterari italiani [...]


Approfondimenti & Speciali...
Simboli, corrispondenze, colpi di dadi: la parola-formula magica nella poesia di Mallarmé (di extra-letture...)
Shoah: “Atti di necessaria conoscenza sulla mancanza e sulla memoria”
(di extra-letture...)
“Al mondo ci sono persone buone, persone cattive e persone che sono state ad Auschwitz”
La Shoah è qualcosa che compare nelle nostre vite un giorno all'anno.
O almeno per molti di noi, la Shoah è inevitabilmente collegata alle sue commemorazioni.
Ma quello che più ci preme è cercare di tessere, senza alcuna pretesa, una trama che leghi i termini memoria e mancanza alla Shoah.
Se è vero che milioni sono le pagine scritte su ciò che è avvenuto è altrettanto vero che milioni sono le pagine che non si sono potute scrivere su quello che è avvenuto.
Un paradosso forse, ma pura verità.
Come ogni materia di discussione, anche la Shoah ha un suo linguaggio.
Il linguaggio è la cifra, la relazione, il filtro.
Lo strumento con cui l’individuo entra nel mondo.
Qui non parleremo del linguaggio culturale, ovvero di quello che codifica e decodifica un popolo, la sua storia, la sua identità e il cammino, bensì ci concentreremo sul linguaggio individuale. [...]
Il “mistero” Pasolini: due libri… quante verità?
(di Elisa Z)
Nella notte tra il 1 e il 2 novembre del 1975, Pasolini venne ucciso.
Un delitto brutale di cui ancora non si conoscono con certezza né i responsabili né i moventi, domande che da 35 anni aspettano una risposta.
Un omicidio ancora oscuro, sul quale però la Procura di Roma ha deciso di riaprire l'inchiesta nel marzo del 2010.
C'è chi afferma che quello di Pasolini fu un delitto politico, che il più scandaloso intellettuale italiano aveva scoperto segreti pericolosi che poi gli furono fatali.
E' enorme la bibliografia dedicata all'argomento.
In questo post, che inaugura la nuova sezione dedicata agli "approfondimenti" tematici su "imieilibri.it", oltre a rendere omaggio alla indimenticata e imponente figura -umana e intellettuale- di Pier Paolo Pasolini, vi offriamo una breve -ma documentata- sintesi su questo irrisolto ed enigmatico "caso" italiano, includendo la presentazione di due nuove uscite editoriali sull'argomento, che offrono due differenti visioni prospettiche del caso.
Charles Dickens, 200 anni dopo: “storia di uno scrittore in bianco e (fumosamente) nero”
(di Ada Rocha)
«Buon Natale,
Zio! un allegro Natale! Dio vi benedica!» - gridò
una voce gioconda. Era la voce del nipote di Scrooge, piombato nel banco così d’improvviso
che lo zio non lo aveva sentito venire.
«Eh via!» - rispose Scrooge - «sciocchezze!»
S’era così ben scaldato, a
furia di correre nella nebbia e nel gelo, cotesto nipote di Scrooge, che pareva
come affocato: aveva la faccia rubiconda e simpatica; gli lucevano gli occhi e
fumava ancora il fiato.
«Come, Zio, Natale una
sciocchezza!» - esclamò il nipote di Scrooge. « Voi non lo pensate di
certo»
«Altro se lo penso!» - ribatté
Scrooge. « Un Natale allegro! O che motivo hai tu di stare allegro? Che
diritto? Sei povero abbastanza, mi pare»
E'
proprio lui, l’indimenticabile signor Scrooge! Anche solo leggendo queste poche battute
estrapolate dalla prima strofa, tutti possiamo riconoscere l’inconfondibile “Canto
di Natale”.
Pubblicato nel 1943, valse a Dickens un calore commovente
da parte del pubblico più umile:
numerosissime, secondo le parole del suo amico e biografo John Forster, furono
le lettere da parte di ammiratori
semplici e non di certo letterati, a testimoniare ancora una volta quanto
l’autore parlasse a nome di chi non aveva voce.
Del resto, Charles Dickens, di cui si è commemorato
quest'anno il bicentenario della nascita, l'asprezza della vita nell'Inghilterra
del XIX secolo l'aveva provata in prima persona.
E la sua personale esperienza si sarebbe poi riflessa in tutti i successivi
lavori, in cui tornerà ad attingere
copiosamente dai suoi ricordi più dolorosi, dal periodo infelice che tanto lo
avvicinava alle sofferenze della classe
lavoratrice in piena rivoluzione industriale, come “David Copperfield”
e “Oliver Twist”.
Come ebbe a dire
Vincent Van Gogh: “There is no writer, in my opinion, who is so much
a painter and a black-and-white artist as Dickens. His figures are
resurrections.”/“Non c’è autore, a
mio avviso, che sia tanto pittore e artista in bianco e nero quanto Dickens. I
suoi personaggi fanno rinascere.”. [...]
I reportage... (visualizza tutti)
“Il sogno è una luce verde…” Letture da “Il grande Gatsby” – reportage (di extra-letture...)
Sembra di vederlo, Gatsby. Proteso verso questa nebbia iridescente, fra party pieni di gente e un bicchiere sempre da portare alle labbra, con la sua utopia a due passi da lui, così vicina e così inafferrabile.
Teatro Studio, Auditorium Parco della Musica di Roma. Valerio Magrelli, Benedetta Bini e Stefania Sandrelli davanti a una platea nutrita e pagante (l'una e l'altra cosa inusuali quando c'è di mezzo un libro) per entrare nelle pieghe de
“Il grande Gatsby” e nella vita luccicante e torbida del suo autore, Francis Scott
Fitzgerald. [...]
analfabetismi “culturali”… (di Francesca)
“Può essere una condizione dell’anima quando si rinuncia alla propria coscienza e al proprio intelletto in nome dell’omologazione e della passività. Sì, anche l’analfabetismo può essere una condizione dell’anima. E lo è sempre di più quando donne e uomini giovani e pieni di energie, soprattutto intellettuali, delegano a falsi simboli e icone la loro educazione (...)”