Canti Orfici di Dino Campana
Se non avete mai sentito nominare Dino Campana e i suoi Canti, sono solo tre le cose che dovete fare:
rnrnrn1) vergognarvi
2) comprarne una copia di qualsiasi edizione
3) leggerlo.
Dino Campana non è un poeta. È IL poeta.
Il corrispettivo italiano dei maledetti francesi, colui che (forse involontariamente?) ha rivoluzionato la poesia del Novecento, colui che è riuscito a sopravvivere al futurismo, alle avanguardie storiche e ai suoi biechi patroni, il folle di Marradi (e non assomigliava affatto a Stefano Accorsi, per inciso, se avete visto quel pasticciaccio che chiamano film, intitolato "Un viaggio chiamato amore").
I Canti sono la raccolta che l'autore ha predisposto per i posteri e che, dopo vicende editoriali degne di un romanzo di Asimov, sono adesso riproposti integralmente.
Non sarò io a dirvi perché Campana è così importante. No, dovete leggerlo. Vi troverete davanti a lui, alla sua follia (o forse alla sua ragione che solo pochi riescono a comprendere?) ad un viaggio mistico che di religioso non ha niente, un pellegrinaggio profano in luoghi sacri (dove per sacro si intende la mente e i suoi deragliamenti, le sue visioni, i suoi simboli).
Raccomandato a chi ha amato Rimbaud ed è rimasto deluso dalla poesia tardo novecentesca.
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